|  |  | 
  
    | Resoconto sul XIX Congresso Nazionale, Roma,
    10-11 nov.  2012 |  
  
    | 
      
        |  . |  |  |  
  
    |  Gianni Fontana
 | 
      
        | ELETTO UN NUOVO SEGRETARIO NAZIONALE
 On. le Avv. Giovanni Fontana
 ( con il 95,8% dei voti )
 |  
      
        |                                 
                                            
        ANCHE ELETTO IL CONSIGLIO NAZIONALE
 Presidente: On.le prof.ssa Ombretta Fumagalli
 ( eletta con 49 voti su 80 del CN )
 |  Ombretta Fumagalli
 |  |  
  
    | 
      
        |  | NOTA DI SINTESI. Al momento, la DC è ricomparsa "giuridicamente".  A
        riguardo degli uomini, essa e' quella del 1992, tale e quale in ogni senso (salvo
        pochi), ma con l'obiettivo dichiarato di far subentrare presto  le nuove generazioni. E' anche emerso necessario fondare la rappresentanza popolare non più
        sulle tessere, ma su indicatori oggettivi di impegno e di merito.
 Nel Congresso è prevalso il
        "partito delle tessere", secondo il Manuale Cencelli, imposto da alcuni
        "notabili", per la composizione del Con- siglio Nazionale, così da determinarne
        un impianto zoppo. Infatti, sono risultate rappresentate solo 12 Regioni, su 20 in Italia.
        In particolare, poi, tra le 12, a Marche ed Emilia Romagna è stato dato 1 rappresentante
        rispettivo, pur se a Campania 20, a Calabria 11, a Sicilia 9.
 Sui motivi di tanto "rigore" dei
        detti notabili, è ipotizzabile la preoccupazione di controllare future mosse per la
        ricerca del Tesoro della DC, scomparso, e di cui qualche "pierino" ha detto ...
        dal podio, ma ignorato dal tesoriere ( pur ricomparso dal podio degli intervenuti),
        successore diretto di Chitarristi, a suo tempo.
 |  |  |  
  
    | 
      
        | FONTANA
        : "Speranza per l'Italia e Volontà di ritrovare il cammino dei Padri, che ci hanno
        guidato per quasi 50 anni senza  inganno, prima di cedere ad un declino che nessuno di noi immaginava, ma che
        è avvenuto per i nostri errori,
 per i quali io qui, a nome di tutto questo  partito,  di tutti voi, chiedo
        umilmente e solennemente scusa a tutti gli Italiani".
 |  
      
        | Dal XIX Congresso della
        Democrazia CristianaRelazione del Segretario Politico On.le Avv. Giovanni Fontana§Roma
        11-12 novembre 2012 INSIEME ABBIAMO RICOSTRUITO LITALIA.. INSIEME RIPRENDIAMO IL CAMMINO.
                            
        Gentili amiche e cari amici,siamo qui, con umiltà ma anche con convinzione, per destinare qualche soldo di cultura,
        molta passione e tutto il piccolo o grande patrimonio della nostra non più verde età, a
        quanti vorranno vivere insieme con noi questa "impresa possibile":
        tornare ad attivare, nel cuore della società italiana, valori di tempi lontani ma non
        transeunti, e a testimoniare una più responsabile e lungimirante azione politica per il
        Paese.
 I  IL TEMPO CHE
        VIVIAMO: DALLA CRISI ALLA RIPRESALa crisi che, ormai da oltre quattro anni imperversa con i suoi tremendi
        effettifinanziari, economici, sociali, morali ma che già covava da molto tempo, ha
        spazzato via, ideologie, valori, tradizioni e culture; compresa quella componente storica
        di liberalismo illuminato che, attualizzata con saggezza, avrebbe potuto costituire la
        rivincita sulle ideologie che hanno bollato il 900 come un secolo anti-umano. Oggi,
        anche in casa nostra, domina invece, un liberalismo molto diverso: è un liberalismo
        cieco, un semplice "liberismo" economicistico distorsivo di ogni civile
        aspirazione a giustizia e solidarietà.
 Penso in concreto allavidità di quel liberismo finanziario deragliato
        nellavidità delle banche americane, trasmessasi poi come un contagio a livello
        planetario, compreso il nostro Paese. Oggi, negli Usa, esso è rintracciabile bene in
        posizioni come quella espressa da Mitt Romney, il quale, nel corso della campagna
        elettorale, aveva definito il 47% degli elettori di Obama fatto di parassiti che
        pretendono lavoro, casa e sanità.
 Per un partito di ispirazione cristiana e di radici popolari, come è la Democrazia
        Cristiana, questo parlare dei poveri e dei deboli come parassiti è penoso. In Italia
        questi "parassiti", cioè i poveri delle vecchie e nuove povertà, ingrossano le
        loro file inglobandovi anche persone dei ceti borghesi che frequentano le mense della
        Caritas e condividono con i barboni un dramma che non trova la solidarietà cui avrebbe
        diritto anche da parte dello Stato che tale "liberismo" ha ritenuto di sposare.
 Questi poveri, in genere, non frequentano gli indignados ma, a noi che li vediamo
        con i nostri occhi, imprimono aghi profondi nella coscienza: interpellano il nostro
        aver tradito, talvolta, in passato, il popolarismo cristiano e lidea
        democratico-cristiana. Ma, soprattutto, ci sollecitano, essi poveri, a non restare
        più oltre incerti nel riprendere una iniziativa di forte solidarietà e giustizia, anche
        in politica.
 Il fatto è che mentre lorizzonte delle possibilità umane si è venuto immensamente
        allargando, in questi venti di assenza della Democrazia Cristiana dallo scenario politico,
        il pensiero, la cultura, la tradizione, si sono invece venuti ritraendo: uno spazio di
        grigiore è oggi sopra di noi, davanti a noi e in mezzo a noi. E noi sembriamo quasi
        costretti a rifugiarci nella memoria delle cose positive e dei maestri che abbiamo
        conosciuto e frequentato in passato, come a cercare qualcosa e qualcuno, che ci aliti una
        rinnovata speranza e ci suggerisca un itinerario su cui riprendere a camminare con lena.
        Su questo oggi siamo chiamati a riflettere e a decidere.
 Sappiamo che la società ci guarda, mentre riprendiamo nelle mani questo barlume di
        speranza e scrutiamo dentro di noi il cosa possiamo fare, il come operare di nuovo con
        specificità, competenza, visibile affidabilità. Per noi, questo rinascere, questo,
        quasi, re-indossare i pantaloni corti in età non più giovane, è come un secondo
        battesimo al quale volontariamente e umilmente ci accostiamo per non essere
        ulteriormente in balia della rassegnazione e della disillusione, per non smarrire il filo
        di un vecchio cammino che abbiamo già percorso e che ebbe risultati anche grandi per il
        nostro Paese: fin dal dramma della guerra e dal regime rovinoso che lha preceduta,
        le cui macerie di distruzione e di morte hanno permesso il generarsi del risorgimento
        dei nostri Costituenti.
 Un risorgimento costruito insieme al popolo, per un credito di libertà e di
        giustizia nella democrazia e nella solidarietà sociale, cui abbiamo saputo consegnare
        conquiste che avrebbero meritato una più duratura e fertile vita.
 Ma, oggi, non vogliamo celebrare gli eroi morti né le conquiste finite: agli eroi che ci
        sono stati padri siamo debitori di quanto abbiamo imparato, e lonesto debitore paga
        continuando i loro atti testimoniali. Così è stato fatto, sostanzialmente, da De
        Gasperi Moro: ci accorti, tuttavia, a questo punto della nostra storia, di quanto
        fosse impegnativa quella eredità, e difficile da gestire. Oggi ci sentiamo ancora fragili
        nel riprendere in mano tale patrimonio che, in una parola, è il talento di governare
        fondata su radici di forte penetrazione popolare, sociale, cristiana, non solo difficili
        da estirpare ma anche molto esigenti in termini di coerenza personale: insomma una della
        politica aderente alla vita e non della vita aderente alla politica.
 Ci sentiamo, nello stesso tempo, decisi. Il concetto di inserire le classi popolari nello
        Stato, la moralità dei comportamenti di gestione della cosa pubblica, la fermezza
        di una laicità che per noi non significa confusione, né separazione, né equilibrismo,
        ma cosciente responsabilità dentro la città delluomo, sono valori che desideriamo
        nuovamente testimoniare con forza. Sapendo bene, come sapevano i padri, che la politica è
        servizio che usa con competenza il potere per conto di chi ci ha delegato al potere e
        della comunità cui il potere appartiene.
 Sia ben chiaro, a noi e ai giovani cui parliamo, che non si può essere posseduti dal
        potere: niente di umano può possedere luomo, né potere, né denaro, né
        cultura, senza che sia rovinoso. Luomo è per laltro uomo, perché chi
        possiede la nostra vita è soltanto Dio. Anche il politico deve ricordarlo ogni giorno.
 In questa concezione della politica, la mediazione degasperiana e anche quella morotea,
        è sempre stata allinsegna di cercare punti di contatto con chi camminava su strade
        diverse. E oggi il dialogo, la ricerca di accostarsi allaltro in nome di una sempre
        rinnovabile unità costruttiva del Paese, è ancora indispensabile non solo per evitare
        guerre ideologiche tra le parti, lostinata condanna dellaltro, ma anche per
        affermare un dialogo che non sia galateo di comportamento bensì rispetto profondo della
        persona umana che occupa il suo posto nella società.
 Bisogna liberarci dalla distruttiva posizione espressa dallaforisma di Sartre
        "linferno sono gli altri". Per noi gli altri sono la nostra famiglia e la
        nostra comunità solidale, anche quando ne percepiamo limiti ed errori, dai quali del
        resto neanche noi siamo immuni. Per noi conta avere davvero nellanima il bene
        comune.
 Spesso ci si libera dalla propria difficoltà accusando laltro: siamo tutti
        innocenti e laltro è il corrotto; non risolviamo i problemi: la colpa è
        delleredità lasciataci da chi cera prima di noi. Senonché la dialettica
        politica che dà frutti positivi è fatta di dialogo ininterrotto la cui esemplarità non
        poggia su un "io" prepotente e sicuro, privo di prossimità con laltro.
 In maniera forse un po ingenerosa, e me ne scuso, provo limpressione che
        questa situazione di debolezza-incapacità suggerisca, nella situazione politica italiana,
        i nomi rappresentativi di Alfano, Bersani e Casini, i quali non trovano la via
        duscita per concordare una buona legge elettorale. LABC citato dovrebbe invece
        suggerirci un alfabeto della democrazia del dialogo permanente; un dialogo formale e
        informale, capace di valorizzare ogni spunto positivo da chiunque dei tre venga
        proposto, anzi semplicemente da chiunque venga proposto.
 Noi dobbiamo avere soprattutto la prossimità con chi non ha tutori ed è alla
        periferia della rappresentanza politica e sociale, come chi abbandonato dalle istituzioni
        è soccorso dalla carità ma aspetta di essere soccorso per atto di giustizia creduta e
        praticata. La giustizia infatti è un concetto anche pre-cristiano; fu già celebrata
        nellantica Grecia e poi esaltata fino allutopia marxista, oltre che espressa e
        documentabile nella impostazione sociale della fede cristiana. Per questo noi, critici
        verso la teologia della liberazione per i suoi eccessi privi di utilità, siamo
        sinceramente impegnati in una autentica politica della liberazione, che può
        trovare energie concordanti in mondi di buona volontà che vanno anche oltre
        luniverso dei credenti. Una politica della liberazione, soprattutto, nei
        confronti dei gruppi sociali meno abbienti e in varia misura emarginati.
 In Italia, dopo la cosiddetta "prima repubblica", cè stata una
        enfatizzazione di entusiasmo per il sorgere di una "nuova politica" annunciata
        come liquidazione del passato e progettazione di un nuovo modello. Un nuovo modello
        capace, si diceva appunto, di "liberarci" da pesantezze e inadeguatezze del
        passato. In questo tentativo furono coinvolte anche personalità di buona cultura e di
        buoni intendimenti  penso ad esempio a Melograni, Urbani, e molti altri  che
        concepirono un cammino di lineare onestà in ottica di rivoluzione liberale, cioè
        di liberazione: lo Stato di diritto e lo Stato dei diritti, la legalità, le scelte
        selezionate dei candidati alla guida del Paese.
 Ma a lungo andare - non molto lungo, a dire il vero  il progetto manifestò qualche
        prima crepa e poi, con frequenza crescente, crepe e crepacci fino ala caduta
        delledificio. Il fenomeno Berlusconi non poteva resistere al peccato di origine del
        suo populismo: in realtà una deviazione del concetto di popolo sovrano e partecipante.
 E stato un populismo bisognoso di carisma da ubbidire più
        che da condividere, di fedeltà di militanti più che di lealtà di compartecipi, di
        una capacità di comunicazione politica che accetta di recitare promesse impossibili più
        che impegni reali. Ne ricordiamo una fra le molte: Meno tasse per tutti; una
        promessa  che, così scriteriatamente espressa, tradurrei nellespressione
        "evasione per tutti", che ne è leffetto pratico
 | 
          
            | Silvio Lega:"No a una
 DC, partito".
 .
 "Sì a  DC,
 movimento"
 | 
              
                | 
 |  
                | Silvio Lega |  |  
            | Membri
 | del Consiglio Nazionale
 |  
            | Calabria | Barbuto Nicola |  
            | Calabria | Colavolpe
            Salvatore |  
            | Calabria | Cupi Vincenzo |  
            | Calabria | Donato Angelo |  
            | Calabria | Nisticò
            Giuseppe |  
            | Calabria | Oliverio
            Caterina |  
            | Calabria | Ripepi Massimo |  
            | Calabria | Squillace
            Francesco |  
            | Calabria | Straface
            Antonio |  
            | Calabria | Vazzana Carmelo |  
            | Calabria | Deseptis
            Fiorella |  
            | Campania | Boffa Aldo |  
            | Campania | Brancaccio
            Valeria |  
            | Campania | Cirino Pomicino
            P. |  
            | Campania | Cuofano
            Pasquale |  
            | Campania | Della Corte
            Giovanni |  
            | Campania | Ferraiuolo
            Luigi |  
            | Campania | Ferraro Roberto |  
            | Campania | Fiorenza
            Nazzareno |  
            | Campania | Grippo Ugo |  
            | Campania | Nunziante
            Maurizio |  
            | Campania | Pelosi Daniele |  
            | Campania | Picano Angelo |  
            | Campania | Polizio
            Stanislao |  
            | Campania | Ravaglioli
            Marco |  
            | Campania | Rodondini
            Vincenzo |  
            | Campania | Scala Raffaele |  
            | Campania | Troisi Nicola |  
            | Campania | Bocchio
            Isabella |  
            | Campania | Lombardo Maria
            R. |  
            | Campania | Mazzitelli
            Giovanni |  
            | Emilia | Duce Alessandro |  
            | Lazio | Alfano Giulio |  
            | Lazio | Darida Clelio |  
            | Lazio | Di Sangiuliano
            Giuseppe |  
            | Lazio | Marinangeli
            Alessandro |  
            | Liguria | Adolfo Vittorio |  
            | Liguria | Faraguti
            Luciano |  
            | Liguria | Gaggero Gergio |  
            | Liguria | Tanzi Carla |  
            | Liguria | Gallina
            Gabriella |  
            | Ligurìa | De Gaetani Gian
            Renato |  
            | Lombardia | Abbiati Achille |  
            | Lombardia | Baruffi Luigi |  
            | Lombardia | Cazzaniga
            Sergio |  
            | Lombardia | Cugliari Emilio |  
            | Lombardia | Donato
            Salvatore |  
            | Lombardia | Fumagalli
            Ombretta |  
            | Lombardia | Generoso
            Serafino |  
            | Lombardia | Ravelli Roberto |  
            | Lombardia | Galli Anna
            Maria |  
            | Lombardia | Soncina Greta |  
            | Marche | Morgoni Vinicio |  
            | Piemonte | Aceto Piero |  
            | Piemonte | Brustia Adelmo |  
            | Piemonte | Deorsola Sergio |  
            | Piemonte | Lega Silvio |  
            | Piemonte | Mazzucco
            Francesco |  
            | Piemonte | Mussa Fabrizio |  
            | Piemonte | Sartoris
            Riccardo |  
            | Piemonte | Pavesi Negri
            Gabriella |  
            | Puglia | Cattolico
            Antonio |  
            | Puglia | De Leonardis
            Giovanni |  
            | Puglia | Di Giuseppe
            Cosimo |  
            | Puglia | Donatelli
            Francesco |  
            | Puglia | Fago Antonio |  
            | Puglia | Lisi Raffaele |  
            | Puglia | Palermo
            Francesco |  
            | Puglia | Roberto Erminia |  
            | Sicilia | Alessi Alberto |  
            | Sicilia | Brancato
            Antonino |  
            | Sicilia | Caponetto
            Francesco |  
            | Sicilia | Cappadonna
            Michele |  
            | Sicilia | De Vito Bruno |  
            | Sicilia | Grassi Renato |  
            | Sicilia | Pulvirenti
            Antonio |  
            | Sicilia | Torre Carmelo |  
            | Sicilia | Di Quattro
            Maria G. |  
            | Toscana | Bindi Marco |  
            | Toscana | Camaiti Maria
            Pia |  
            | Toscana | Pizzi Piero |  
            | Toscana | Puja Carmelo |  
            | Veneto | Bonalberti
            Ettore |  
            | Veneto | Bontorin
            Fulgenzio |  
            | Veneto | Bottin Aldo |  
            | Veneto | D'Agrò Luigi |  
            | Veneto | Fregonese
            Silvio |  
            | Veneto | Malvestio Pier
            Giovanni |  
            | Veneto | Milani Luciano |  
            | Veneto | Zanforlin
            Antonio |  
            | Veneto | Panin Maria
            Grazia |  
            | Veneto | Zanferrari
            Gabriella |  
            | Cons.Reg. | Nucera Giovanni |  
            | Deputato | Gargani
            Giuseppe |  
            | _________TOTALE
 | ______________________94
 |  | NINO LUCIANI, Il Commento. 1.- Premessa. Il XIX Congresso
        della DC (il XVIII fu il 17 febbraio 1989), celebrato a Roma il 11-12 novembre 2012, ha
        mostrato due facce:
 a) un Congresso ufficiale, in cui vedevi:
 - un Segretario Nazionale (On.le Avv. Giovanni Fontana), 68 anni,
        uomo buono, colto, di grande sensibilità, largo di vedute, acuto nel vedere il granello
        "significativo", un discorso durato due ore. Mi sono ricordato il livello e gli
        svolazzi di Aldo Moro;
 - una sala stracolma ( la sala della Confindustria, a Roma, non
        meno di 1000 persone, inclusi gli invitati), gente semplice carica di valori, che ha
        seguito attentamente il Segretario, lo ha applaudirlo ripetutamente a scena aperta, e
        anche interrotto con "parole" di enfatizzazione di singoli concetti.
 
 b) un congresso nelle segrete stanze, dove
        veniva contrattata e redatta la lista dei candidati (80) al Consiglio Nazionale. Qui
        vedevi un andirivieni continuo di notabili e di chiamati e mettere la firma di
        accettazione della candidatura.
 Chi erano questi "notabili" ? Erano i notabili dell'ancien
        règime, quelli del partito delle tessere. Non ho motivo
        togliere un solo capello di stima alle singole persone elette. Ma avendo, alcuni
        "notabili", imposto il Manuale Cencelli per le candidature regionali, ne è
        uscito un impianto complessivo di Consiglio Nazionale, zoppo per la DC. Su 20 Regioni,
        solo 12 hanno ottenuto la rappresentanza. E delle 12, Marche e Emilia Romagna è stato
        dato 1 solo rappresentante, rispettivo (anzi quello dell'Emilia non è stato indicato dal
        gruppo della E.R., ma dai "notabili").
 
 E' offensivo definire i "notabili" come "partito delle
        tessere" ? L'On. Paolo Cirino Pomicino, che ha fortemente condizionato il
        Congresso, mi ha chiarito che, pur con qualche ombra, il fondare (sulle tessere) la
        rappresentanza del popolo democristiano è il modo più democratico.
 Ma chiunque io incontrassi per strada (fuori dal Congresso, e dappertutto in
        Italia), e gli raccontavo che è stato applicato il Manuale Cencelli, lo vedevo andare in
        escandescenze. Tutti hanno, infatti, ben presenti i fatti che originarono un "declino
        inimmaginabile della DC" (parole della Relazione del Segretario), e che si
        impose perchè la DC  non trovo' la forza di auto-pulirsi.
 Al contrario, in Germania, vicende simili (a carico del Cancelliere
        Helmut KOHL) furono risolte velocemente: mandato a casa senza complimenti, pur avendo
        grandi meriti politici verso la Germania (unificazione) e verso la Unione Europea (Euro).
        E infatti la DC tedesca è ancora in parlamento, e oggi al Governo.
 Credo che, per l'Italia, l'esempio tedesco vada applicato
        rapidamente, senza scusanti.
 Approfondiamo questa ricomparsa dei "notabili", dacchè la allora
        umiliazione della DC (a prescindere che si tratti di un partito o di altro partito) pare,
        ancora nel 2014, uno scotto insufficiente.
 Ma, da altra parte, mi è sembrato molto potente e condiviso dal
        popolo dei congressisti il comune sentire dei valori, e l'entusiasmo, intorno al
        Segretario Fontana.
 Questo è un buon viatico per l'ottimismo nel futuro. Il mezzo, per essere
        vincente, potrebbe essere di fondare la rappresentanza su cosa diversa dalla
        "tessera": su questo torno più avanti.
 2.- Distinzione tra una
        DC di interessi legati al potere politico e una DC di valori cristiani e laici liberali.
        b - No a una
        DC, che produce germi corruttivi, tipici delle dittature. In generale parlando, una dittatura non è forte primariamente
        per il potere di polizia o dell'esercito. Ne sappiamo qualcosa, in Italia, senza bisogno
        di guardare alla Tunisia, alla Libia, alla Siria. Il potere dittatoriale, dopo il primo
        colpo di mano (magari militare), cerca di catturare il consenso sociale con vari privilegi
        a "parte della popolazione".a) Premessa. Il fatto che la DC, come un qualsiasi partito
        si possa proporre nel 2014, è fuori discussione, come diritto costituzionalmente
        garantito a chiunque.
 Ma il punto da affrontare in premessa è altro: chiarire se, mancando
        nel parlamento italiano (ed europeo), un partito dei cristiani (cattolici, ortodossi,
        protestanti, giudei) e dei laici liberali (cosa diversa da un partito cattolico,
        subalterno alla Chiesa Cattolica), venga a mancare in Italia un pezzo di storia, una pietra
        miliare.
 La stessa domanda mi sono fatto per il PCI (diciamo per i due grandi partiti
        del Socialismo italiano), scomparsi nel 1992.
 Non ho risposte certe. Ritengo, però, che, dopo il venire meno della DC e
        del PCI (e del PSI) nel 1992, in Italia è venuto meno lo Stato, e ci siamo trovati nelle
        mani di partiti senza il senso dello Stato, con grave danno per la coesione
        sociale intorno alle grandi idee alternative, su cui fondare il governo del Paese.
 La via verso l'alternativa tra due grandi partiti nazionali è un
        percorso che non inizia da zero e lo vediamo nel fatto che il PD si pone alternativo al
        PDL (a parte se l'inserimento dei nostri giovani nella dialettica politica varra'
          a riabilitarli o a disintegrarli, rispettivamente. Mi riferisco  a Beppe
        Grillo, a Matteo Renzi e a tanti altri giovani comparsi di
        recente sui mass media).
 
 
 Poi, quando nel seguito, la dittatura fosse contestata, saranno costoro a
        sostenerla, per non perdere privilegi.
 In questo senso la tessera, legata ai poteri, è il germe corruttivo
        della dittatura dentro la società civile.
 
 3.- Una ipotesi che
        può spiegare il ritorno del partito delle tessere. La DC non è oggi un partito di potere, per cui è difficile
        spiegare questo ritorno del partito delle tessere.
 Nelle nuove condizioni, la via, più naturale per creare la nuova
        rappresentanza, pur se collegata giuridicamente agli iscritti del 1992, doveva essere di
        ripartire la rappresentanza proporzionalmente al lavoro da fare nelle Regioni: ad es., in
        proporzione alla popolazione regionale.
 Poi, dopo le prime elezioni (con scudo crociato), si potrà anche premiare il
        merito dei dirigenti locali, ad es. ripartendo, in parte, i posti sulla base dei voti
        riportati nei Consigli Comunali della Regione.
 Ma non
        è andata così. E allora
        perchè tanta "diligenza" di "alcuni" notabili nella ricerca di
        "tessere del 1992" ?
 Una ipotesi plausibile è collegarla ad una "ombra" vagante nella sala
        del Congresso, quasi la "ombra" un morto (ma che "morto" non era,
        aveva detto la Cassazione).
 L'ombra era un pensiero fisso al "Tesoro della DC", scomparso a suo
        tempo, su cui qualche "pierino" ha anche fatto domande dal podio.
 Forse qualcuno ha la mappa del luogo del tesoro, come i briganti della "Isola
        del Tesoro" , il romanzo di R. L. Stevenson.
 Ipoteticamente, potrebbe trattarsi di qualcuno che vuole rintracciare il
        Tesoro per mettervi le mani sopra, o di qualcuno (cosa più probabile) che punta a
        sciogliere il partito della DC, e crearvi un successore , come si fa per le moderne
        società di capitali (far sparire i debiti, e ricominciare da capo).
 Perchè
        il Tesoriere, che è successore diretto di Chitarristi, non ha fatto chiarezza su questo
        "Tesoro" ?  La
        domanda è ineludibile, prima o poi.
 |  
      
        | tendenziale;  mentre
        responsabilità davvero sociale e liberante avrebbe dovuto dire: Tasse eque per tutti
        nella trasparenza assoluta, pubblica, permanente, del loro utilizzo. Così, se
        dopo "tangentopoli" abbiamo conosciuto la fine della "prima
        repubblica", non molto tempo dopo abbiamo dovuto constatare anche il rapido crollo
        della seconda. Sono, a questo proposito, sollecitato a insistere sulla importanza di una
        memoria storica positiva e fertile, e penso che in tal senso la relazione
        Costituzione-democrazia-partecipazione-rappresentanza-solidarietà sia l"impresa
        impossibile" che siamo chiamati a far diventare possibile. Dimenticata la
        Costituzione, inquinata la democrazia, tra populismo e nuove forme di ribellione politica
        e di protesta antipolitica, traballante limpalcatura delle istituzioni dove la
        corruzione e la malversazione sembra assurta a prassi quotidiana accettata, la
        rappresentanza pare impigliata in una rete che non pesca qualità adeguate ad affrontare
        il dramma della crisi che stiamo vivendo. Il mondo ci guarda, lEuropa ci osserva ed anche lanti-europeismo cresce,
        mentre strisciano venature di neo-nazionalismo: in un paese dellAbruzzo sono stati
        multati coloro che cantavano "Bella ciao"; in altri paesi di diverse regioni
        sono state aperte strade intitolate a vecchi gerarchi fascisti; ci sono monumenti della
        rimembranza e sacrari di "eroi" della guerra in Etiopia; e altro e peggio. Segnali
        che ci pare non possano essere tollerati ma, prima ancora di essere combattuti, vanno
        profondamente analizzati.
 E stato detto per paradosso che oggi, se qualcuno si sognasse di fare unOpa
        sullItalia, lasta andrebbe forse deserta: eppure lItalia è
        tuttaltro che da rottamare; la ricchezza privata assomma almeno a ottomila
        miliardi, il made in Italy è vivo e richiesto ampiamente, il turismo richiama
        ancora un flusso ininterrotto di visitatori, le riserve auree sono solide, il reticolo
        delle piccole imprese è tuttora quasi unico al mondo, molte nuove microimprese sorgono
        anzi per iniziativa di giovani, e testimoni di vita esemplare circolano fra noi, li
        vediamo nel nostro quotidiano muoverci tra le strade e i luoghi di lavoro.
 Questa è la riserva sana del Paese reale: e allora le due Italie, quella dei poveri, dei
        disoccupati, dei precari, dellAlcoa e dellIlva, e quella che, dallaltro
        lato, rappresenta la parte non toccata dalla crisi ma pensosa del futuro e desiderosa di
        assumersene la responsabilità, chiedono insieme una politica di nuova adeguatezza
        testimonial, per una speranza di più lunga gittata.
 La Democrazia Cristiana sceglie di farsi carico di questa speranza non già seminando al
        vento promesse che non si possono fare, ma affidandosi con onestà e fattività a nuove
        generazioni e ad antichi valori, come chi passa un simbolico testimone degli anni
        gloriosi della ricostruzione e dei partiti politici che seppero camminare con passo
        sicuro e adeguato alla gravità dei problemi da affrontare.
 Se questo è il quadro che ci è dato vivere, quale è la nostra specifica
        responsabilità? Il nostro compito è quello di riaprire lo spazio della speranza e
        della concretezza operosa per una testimonianza di impegno politico che riprenda i
        valori della nostra storia popolare e democratico-cristiana e sappia liberarli a una nuova
        luce e a una nuova capacità realizzativa.
 II - PERCHE DCUna volta finita, anche malinconicamente, lesperienza della Democrazia Cristiana
        storica, avevamo sperato che la memoria collettiva del Paese avrebbe conservato i grandi meriti
        del partito di De Gasperi e Moro e compreso gli errori di percorso della sua ultima
        fase. Avevamo sperato che da quella grandiosa e umiliante esperienza, il Paese, i suoi
        cittadini di buona volontà, avrebbero imparato molto. E avrebbero imparato anche dalle
        esperienze degli altri partiti che si andavano consumando come il nostro, dopo quasi mezzo
        secolo di vita repubblicana grande ma anche, spiritualmente, ormai prosciugata nelle anime
        delle classi dirigenti.
 In modo più specifico, avevamo sperato che sulle ceneri del nostro lavoro avrebbero
        potuto sorgere due grandi partiti moderni, uno di centrosinistra ed uno di centrodestra, uno
        di spinta progressista e uno di moderazione liberale, capaci di ereditare il lato
        migliore di quella storia e di darci la fase adulta e compiuta dellItalia: un Paese
        solido e serenamente capace di governare la propria crescita nella partecipazione e nella
        solidarietà.
 Avevamo sbagliato questa previsione. In effetti, senza far torto alla presumibile buona
        volontà di tanti singoli, ci sentiamo di dire che le nostre attese sono state
        totalmente deluse.
 Non è nato un partito democratico di centrosinistra capace di
        amalgamare il grande messaggio popolare e solidale della DC con laltrettanto
        importante anelito di giustizia distributiva dello storico Partito Comunista: due anime
        che mai si sono fuse nella armonica capacità di generare un partito di alta cultura
        sociale riformatrice. Lassismo nellimpegno di rinnovamento del pensiero,
        sottovalutazione dei fattori di complessità emergenti sulla fine del secolo appena
        trascorso, preoccupazioni contingenti di equilibri fra gruppi, fretta di successi
        elettorali contro avversari aggressivi e sicuri di sé 
 Forse qualcosa di tutto
        questo ha giocato un ruolo nefasto: e ha generato la prima delusione per le speranze di
        una responsabile democrazia dellalternanza.
 Sul versante del centrodestra le cose sono andate anche peggio: insieme alla
        mancata maturazione di una classe dirigente degna di questo nome, si è realizzato lo
        sfacelo educativo e morale di una politica ridotta a messaggio di marketing
        delleffimero in ogni sua manifestazione. Le poche persone di sincero pensiero
        elaborante le abbiamo viste progressivamente lasciate ai margini dei luoghi decisori; la
        leadership carismatica labbiamo vista ridotta a una inquinante commistione di
        aziendalismo privatistico con libertinismo diseducativo; la linea programmatica sottomessa
        a una dominanza economica che si è rivelata esasperatamente finanziaria e speculativa. Ed
        è stata la seconda delusione.
 Infine il centro. Nella zona che sul piano ideale avrebbe avuto le condizioni più
        adatte a preservare anche una quota decisiva del messaggio storico della Democrazia
        Cristiana, si è palesato il protagonismo di un partito che di fatto non è mai riuscito
        ad aggregare né tradurre in politica organica alcun pensiero. Un improduttivo
        oligarchismo che non ha mai respirato lossigeno impegnativo ma anche corroborante di
        una partecipazione davvero popolare. Ed è stata la fine di una ulteriore speranza.
        Tacciamo, da ultimo, di quanti, piccolissimi gruppi che non è appropriato chiamare
        formazioni politiche, hanno cercato di insinuarsi, anche con buona volontà almeno
        iniziale, in questo gioco ormai senza radici e senza prospettive, e del tutto più grande
        delle loro possibilità. La idea di una "Italia dei valori" è diventata un dipietrismo
        che oggi palesa anche nelle aule giudiziarie la confusione deleteria fra partito di
        cittadini e gruppo personale; un grillismo che anela lodevolmente a far emergere
        con forza la voce di chi dallestrema periferia dellelettorato reclama il suo
        diritto a essere ascoltato, ma finisce in una protesta amebica incapace di tradursi in
        risposta collettiva e nazionale ai problemi collettivi e nazionali; una sparpagliata ex sinistra
        estrema, che a merito della sua annosa agitazione può vantare soltanto il risultato
        di aver fatto cadere un governo Prodi che pure testimoniava uno sforzo sincero di
        ricollegare la politica con il sentimento della gente; i resti di una gruppuscolare
        destra riottosa che avendo trovato spazio risibile nella effettiva determinazione
        degli orientamenti politici del Paese si è trovata a dialogare - contraddizione finale e
        quasi irridente - con il leghismo separatista; il quale a sua volta non ha tardato a
        testimoniare la miseria morale che ne attanagliava le intenzioni e i comportamenti, anche
        negli uomini che avevano fatto consistere lunica loro bravura nel rimproverare agli
        avversari i medesimi comportamenti.
 Le sorprese più recenti sono Montezemolo, Riccardi, Bonanni e tante personalità della
        società civile che hanno elaborato il loro manifesto: non un partito, non un movimento:
        un mondo di proposte politiche, una realtà dopo tante delusioni, una specie di gruppo di
        pressione fattosi coscienza critica del potere: un patto per una nuova politica. Più che
        notabili, uomini di rango: non pensiamo che abbiano qualche piccola venatura di
        popolarismo.
 Il risultato è che non cè classe dirigente, oggi, nel nostro Paese, non cè
        un pensiero espresso dalla politica sul suo futuro, non cè una cultura di gestione
        e non cè una consapevolezza valoriale. Fino al punto che si è dovuto ricorrere
        allespediente, legittimo e onesto ma tremendamente allarmante, di un governo
        tecnico incaricato del puro e semplice ritorno a una normalità minima che di fatto è
        solo la normalità della gestione formale del bilancio dello Stato. Questo è infatti in
        sostanza il governo Monti, nonostante la buona volontà di diversi suoi esponenti e
        nonostante la indiscussa competenza e correttezza dello stesso Presidente del Consiglio,
        il quale, in un quadro così difficile, è riuscito comunque a restituire al mondo una
        immagine più credibile e affidabile del nostro Paese.
 Ed è per un atto di consapevolezza piena, e di buona volontà responsabilizzatrice di
        fronte a tanto scempio e a tanta ombra sul futuro, che noi oggi siamo qui, a pensare in
        termini di ripresa dellazione della Democrazia Cristiana per lItalia.
        Oggi, siamo convinti che lItalia abbia più che mai necessità di "democrazia
        cristiana": con la lettera minuscola e, insieme, con la lettera maiuscola.
 Con la lettera minuscola, come sostantivo e aggettivo, nel senso che questo nostro Paese
        ha bisogno di riconquistare democrazia vera e partecipata: solo così la politica può
        giustificare il suo potere, le sue contese.
 Attorno al ludibrio della vigente legge elettorale si è ridotta infatti quasi a zero la
        pratica della democrazia e della relativa motivazione degli animi nella scelta della
        classe dirigente; e ha bisogno di cristianesimo ispiratore, vissuto con coerenza per il
        bene della "città delluomo" che ci è affidata: di cristianesimo come
        lievito di valori che torni a fermentare una società in cui la centralità non sia
        più quella della finanza che domina leconomia e delleconomia che domina
        limpresa costringendola a non essere una comunità di lavoro per inseguire un
        concetto di business eretto a mostro totemico contro la dignità della persona sancita
        dalla Costituzione ma anche dal semplice diritto naturale.
 Neanche il diritto naturale può infatti concepire il licenziamento collettivo di migliaia
        di persone attraverso una e-mail spedita da migliaia di chilometri per effetto di una
        notizia battuta in un nanosecondo sulla diminuzione di valore della quotazione di
        unimpresa, in un mercato finanziario distante a sua volta migliaia di chilometri.
        Questa "efficienza capitalistica" reputiamo, senza mezzi termini, sia figlia del
        Male, Uno strumento di peccato, come recita la "Populorum progressio",
        radicalmente incompatibile con la nostra visione di umanesimo e di personalismo, che
        allabbrivio del ventunesimo secolo, riproclamiamo, entrambi, come permanentemente
        nostri; e che sono la semplice, grande ed impegnativa eredità lasciataci dalla Dottrina
        Sociale della Chiesa e dallidea democratico-cristiana.
 Entrambe ci hanno lasciato ben diverso insegnamento: dalla Rerum Novarum alle
        successive encicliche sociali, da monsignor Ketteler ad Antonio Rosmini, dalla Scuola di
        Friburgo al Codice di Camaldoli, dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa alla Caritas
        in Veritate, questo insegnamento ci parla costantemente e puntualmente della liceità
        del mercato ma anche del suo necessario ancoraggio a finalità morali, di diritto
        indiscutibile a condividere i frutti dellimpresa fra tutti, di salario di dignità
        per ogni famiglia, di illiceità della pura rendita e della pura speculazione
 Ebbene, cè necessità che più democrazia cristiana, con questa lettera minuscola,
        trovi al suo servizio, con forza, lucidità, sincerità morale, capacità tecnica,
        accortezza politica, una rinnovata Democrazia Cristiana con la lettera maiuscola:
        cè necessità che una grande associazione di cittadini "liberi e forti"
        torni a generare una politica alta secondo la "nostra" Costituzione;
        "nostra" perché ispirata proprio dal pensiero democratico cristiano, da De
        Gasperi e Dossetti, da Gonella e La Pira, da Fanfani, Moro e Lazzati, e di nuovo indietro,
        nei principi di riferimento, fino a Sturzo e Grandi e Miglioli e altri. E la faccia
        diventare politica di rinnovamento potente e di rinfrancata solidarietà, di centralità
        del lavoro e della impresa come comunità di lavoro, di processi formativi capaci di
        rinforzare valori di libertà e di solidarietà fattiva: insomma, di comunità solerte e
        rasserenante per tutti.
 LItalia è infatti una comunità, innanzitutto; non una società per
        azioni ad azionisti dispari, bensì una comunità di cittadini e persone che
        hanno uguale dignità, servite da istituzioni fatte da tutti e da tutti partecipate, con
        una economia al servizio di tutti e da tutti realizzata. E con le giovani generazioni come
        primo tesoro da far crescere secondo responsabilità e autorealizzazione.
 III - UN PROGETTO DI VALORINon temiamo la sfida perché, più tipicamente di ogni altro partito, la Democrazia
        Cristiana possiede nella sua ispirazione valoriale una visione adatta a questo obiettivo
        totale: totale nella sua pregnanza interna ed anche nella sua potenzialità diffusiva
        oltre il nostro Paese, nella più vasta comunità costituita dallEuropa, dal
        Mediterraneo, da un mondo che si è fatto sempre più villaggio comune; ricordo, fra
        laltro, che di "internazionale dei democratici cristiani", con questo
        spirito diffusivo e pregnante, si parlava già fin dai primi del 900 fra i cattolici
        che, prima ancora che germogliassero il Partito Popolare Italiano e la Confederazione
        Bianca del Lavoro costituivano i primi nuclei democratico-cristiani.
 Ponte mediterraneo e crocevia planetaria, lItalia può tornare a essere, non solo
        nei traffici economici, un Paese al quale il mondo può guardare come a una sua casa
        simbolica di riepilogo collaborativo e di sintesi valoriale. Se la sede romana della
        Chiesa cattolica rappresenta questo valore dal punto di vista religioso, la Roma
        precristiana e lItalia universalistica di Dante e del Rinascimento possono
        rappresentarlo dal punto di vista della unità tendenziale degli aneliti di realizzazione
        umana complessiva; e il grande messaggio che da Rosmini passa a Sturzo, a De Gasperi, a La
        Pira, a Moro, può rappresentarlo per il cammino di una città terrena che sappia
        condividere il benessere, frutto della fatica comune, fra tutti gli uomini in questo
        ventunesimo secolo ultraveloce e ultracomplesso.
 Essere custodi attivi di questo patrimonio esige daltro lato che la forma e la
        concreta gestione quotidiana del Paese, e la stessa modalità di essere e di operare come
        partito, abbiano connotati di qualità alta.
 I capisaldi di una tale politica ci sembrano almeno cinque:
 La nostra Costituzione repubblicana, carta di principi e di valori da salvaguardare
        con fedeltà, non chiusi aprioristicamente a ogni eventuale possibilità di affinamento,
        ma lontani da quella frenesia inconsulta che ha portato a rivedere negli anni recenti il
        suo Titolo V, con una superficialità che testimonia, accanto a intenzioni illusorie, la
        inadeguatezza di una classe politica incapace di cogliere la grandezza dei padri
        costituenti e di custodirla migliorandola: anche attraverso una nuova fase costituente
        che, riteniamo necessaria per adeguare la sua seconda parte ai profondi cambiamenti
        intervenuti sul piani istituzionale europeo e nazionale.
 Uno Stato snello e partecipato, efficiente sul piano nazionale, arricchito da
        autonomie territoriali in chiave di sussidiarietà e non di dissociazione
        pseudofederalista; garantito da un intercontrollo democratico senza retoriche di
        autonomismo fine a se stesso, spesso corrotto non meno di quanto esso stesso abbia
        rimproverato allo Stato centrale; e, quasi sempre, colpevolmente incapace di utilizzare
        persino le cospicue risorse economiche messe a sua disposizione dallEuropa.
 La valorizzazione permanente e dinamica dellimmenso patrimonio culturale e
        ambientale affidatole dai padri e dalla Provvidenza: almeno la metà dei beni
        culturali di cui lumanità dispone è incredibilmente concentrata nel nostro Paese,
        e questo solo fatto costituisce per noi "una missione nella missione" e quasi
        una vocazione profetica.
 Una cura gelosa della culla in cui nascono e si formano le nuove generazioni, cioè la
        famiglia, attraverso la dedizione di uno Stato solerte nel favorirne solidità e
        serenità, soprattutto con gli strumenti propri della sua missione formativa,
        dellattivo supporto alle generazioni che declinano, affinché tale fisiologico
        crepuscolo non diventi mai emarginazione né accantoni il tesoro della esperienza che si
        trasmette; uno Stato che sappia garantire la sicurezza di un lavoro dignitoso per tutte le
        persone che raggiungono letà adulta e si apprestano ad assumere, della famiglia, la
        responsabilità più diretta.
 Il governo sagace di una economia che ha oggettivamente potenzialità enormi, e che
        anche nella presente crisi conferma di possedere nella creatività dei singoli e nel
        tessuto della piccola e media impresa la sua linfa più vitale.
 Con quali linee di orientamento pensiamo sia articolabile un simile
        progetto?
 Non parlo volentieri di riforme, e non perché la cultura democristiana sia aliena
        dallidea di farne o perché non ne abbia realizzate  le più coraggiose nella
        storia del nostro paese portano la firma della Democrazia Cristiana, a partire dalla
        grande riforma agraria di Antonio Segni poco dopo la nascita della repubblica  ma
        perché, a un certo punto della dialettica politica, il riformismo ha cominciato a vivere
        quasi fosse un fine in se stesso: ma né il riformismo né le riforme sono un fine; essi
        sono un mezzo, attraverso il quale la nostra quotidiana analisi della coerenza fra
        "progetto paese" e realizzazioni concrete viene verificata e coerentemente
        attuata; facciamo le riforme se servono e in quanto servono, ma non le adoriamo come
        idoli, e le sottoponiamo costantemente a verifica perché restino effettivamente al
        servizio dei valori che le ispirano.
 Preferiamo parlare piuttosto di "gestione evolutiva" trasparente e
        condivisa, capace cioè di governare dinamicamente le esigenze di miglioramento
        permanente delle cose, senza rinviare ai tempi spesso deresponsabilizzanti di maturazione
        delle "riforme": queste, quando davvero occorrono, devono essere consapevoli,
        ponderate, impegnative di coerente attuazione, e non mito autoreferenziale.
 Questo è il compito della politica disegnato dalla Costituzione italiana. E tale è, come
        la Costituzione lo regola, anche lo strumento dei partiti politici, mezzo
        privilegiato attraverso cui i cittadini partecipano al farsi del dibattito, alla
        determinazione delle scelte, alla formazione della classe dirigente, e insomma alla
        gestione del paese. Non temiamo, anzi decisamente vogliamo, un partito giuridicamente
        riconosciuto, persona giuridica e perciò sottoposto a controllo pubblico nella sua
        trasparenza di gestione.
 In realtà i partiti politici operanti oggi hanno, via via, ignorato questo spirito
        costituzionale per accentuare invece elementi crescenti di chiusura oligarchica, ben poco
        democratica e partecipativa. Le ombre della corruzione e del clientelismo, quasi i partiti
        stessi e i loro uomini fossero appunto fini e non mezzi, hanno realizzato, da ultimo, quel
        nefasto distacco dei cittadini dalla politica che oggi enfatizza la sua gravità
        attraverso una legge elettorale che chiude del tutto i partiti dentro se stessi quali
        forme autoreferenziali di gestione del potere.
 Con quale metodo pensiamo dunque di lavorare?
 Innanzitutto con quello della partecipazione vera e diffusa. Pare espressione
        scontata e banale, questa della partecipazione, ma essa viene in realtà ogni giorno
        pronunciata e ogni giorno di nuovo tradita. Così come la partecipazione di tutti i
        cittadini consente di costruire una logica di armonizzazioni progressive nel cammino di
        crescita della società complessiva, analogamente la partecipazione di tutti i soci consente
        al partito di essere punto di traduzione affidabile della domanda e delle attese del
        paese.
 I punti di partenza per noi sono certi: la Costituzione, la cittadinanza, la persona.
        Essi meritano di essere confermati ma anche approfonditi in tutta la loro portata
        potenziale: tanto più che nellItalia del ventunesimo secolo ci sono i cittadini e
        cè, con loro, anche un numero crescente di persone in attesa di cittadinanza.
        Persone provenienti dalle più diverse nazioni del mondo, o loro figli, che non
        costituiscono più casi isolati ma un fatto sociale ormai strutturale: anchessi
        diventano parte della nostra comunità, lo diventano in senso oggettivo: chiedono spazio
        che non può essere loro negato se crediamo in una società di ispirazione cristiana. Il
        problema è di fare in modo che lo spazio sia equo e i diritti, come i doveri, reciproci.
        A questa condizione non si può negare lordinata e trasparente osmosi demografica,
        non solo perché essa caratterizza da sempre i processi di sviluppo di ogni società
        storica, ma perché la stessa grandezza della nostra civiltà italiana è germogliata e si
        è sviluppata dal multiforme, secolare apporto di tali risorse.
 IV  IL FONDAMENTO DEL LAVORO, LA DIGNITA DELLIMPRESA, LA
        SOLIDARIETA DELLECONOMIASubito dopo la cittadinanza, è il lavoro a costituire prioritario fondamento della
        repubblica. Tale lo definisce la carta costituzionale, e si riferisce al lavoro in
        tutte le sue forme, dipendente o autonomo o imprenditoriale che sia, manuale o
        intellettuale.
 Non sono invece fondamento della repubblica la rendita, né lattività
        speculativa. Siamo qui in un campo che, fin dal medioevo, la Chiesa ha
        chiarissimamente presente. La pura rendita e la pura speculazione sono un male, sono
        illecite moralmente, e per noi questo principio comporta conseguenze coerenti sul piano
        delle politiche attive, anche di redistribuzione reddituale e, ad esempio, di carico
        fiscale.
 La ricchezza nazionale resta essenzialmente frutto del lavoro e il lavoro, diritto e
        dovere delluomo, è, per la Democrazia Cristiana, oggetto privilegiato di ogni
        politica economica. Per tale motivo un punto caratterizzante il nostro "progetto per
        lItalia" non può non essere costituito dalla revisione dellistituto
        del collocamento, che ci pare da trasformare in istituto
        dellaccompagnamento attivo nel lavoro.
 Né vuol dire, questo, che il mercato del lavoro debba essere governato dal solo
        collocamento pubblico; tuttaltro: esso si accompagna liberamente al movimento
        spontaneo della domanda e della offerta che sul mercato si confrontano: il collocamento
        pubblico opera invece, attivamente, su richiesta dei singoli lavoratori che vogliano
        ricorrervi. Il fatto è che non cè dignità della persona se non viene attuato
        per essa il diritto a un lavoro riconosciuto, remunerato e produttivo. Questo è il
        concetto, ed è lobiettivo, da tenere sempre presente.
 Vi è un ulteriore profilo di giustizia distributiva, e alla fine anche di efficienza
        economica, che non ci sembra più possibile trascurare. Una visione distorta del libero
        mercato, storicamente prevalente in tutto il mondo, riguarda la totale inesistenza di limiti
        alle più atroci disparità reddituali generate allinterno delle stesse imprese.
        Prevalgono anche in Italia, sia pure in dimensioni complessivamente meno abnormi,
        parametri esasperati fino alliniquità, e assolutamente ingiustificabili da tutti i
        punti di vista, compresa una reale efficienza economica di lungo andare delle imprese
        medesime e del sistema.
 Noi non assumeremo come nostro programma lidea, che pure ci viene da uno dei massimi
        maestri di economia dellimpresa efficiente e a un tempo equa, e cioè Adriano
        Olivetti, laddove affermava che tra lui, massimo vertice della sua azienda, e
        lultimo dei suoi operai, il divario di reddito equo reputava essere da uno
        a cinque. Lo corresse quel gran liberale, non certo democristiano, che era Valletta,
        allora amministratore delegato della Fiat e grandissimo innovatore della vita aziendale,
        affermando a sua volta che troppo stretta gli sembrava tale forbice e proponeva per essa
        un raddoppio, cioè che fosse portata da uno a dieci.
 Noi non assumeremo neanche questo parametro: ma se nel mondo assistiamo a rapporti
        inconcepibili, persino di uno a quattrocento e oltre, e in Italia non mancano forbici di
        uno a cinquanta e oltre, ci sentiamo in mezzo a una situazione alla lunga insostenibile,
        per la quale assumiamo un duplice chiaro riferimento: da un lato il principio che i
        parametri retributivi siano parte di una politica trasparente e perciò siano noti
        pubblicamente; dallaltro che venga, con gradualità ma con inizio immediato,
        stabilito un primo limite: ad esempio, che non possa essere superata la forbice di uno
        a venticinque.
 Siamo certi che passo dopo passo, anno dopo anno, ci sarà tempo e soprattutto ci saranno
        condizioni di serenità per calibrare con il consenso sociale più ampio la misura equa,
        senza mai far pensare che puntiamo a logiche di egualitarismo puro e semplice. Sottolineo
        che anche questa è la Dottrina Sociale della Chiesa, prima di essere la linea
        programmatica della Democrazia Cristiana. Sottolineo che anche questo è il cammino che
        costruisce quella economia sociale e civile di mercato che, della suddetta
        dottrina, è parte centrale.
 Sottolineo che stiamo parlando di reddito personale, non di reddito
        dimpresa, sul quale andranno invece considerate con intelligente accortezza le
        dimensioni legate alle esigenze di espansione e innovazione più proprie della impresa
        stessa, che del resto sono benedette per tutti: lavoratori ed azionisti, persone e
        comunità. In particolare attraverso una riduzione dellattuale pressione tributaria
        per abbattere il cuneo fiscale e stimolare ricerca e investimenti.
 La Democrazia Cristiana è comunque contraria, nello stesso tempo e per lo stesso spirito,
        anche a forme di garanzia del reddito che siano scisse da una corrispondente
        responsabilità di lavoro produttivo. Non cassa integrazione, dunque, e neanche gli
        istituti innovativi definiti in tal senso dalla recente "riforma Fornero", ma
        piuttosto lavori utili in logica sostanzialmente e modernamente keynesiana,
        intendendo per lavori utili gli investimenti in tutto ciò che possa essere bene comune
        effettivo.
 Nulla dunque ha da vedere, tutto questo approccio, con forme di assistenzialismo,
        verso le quali nutriamo sostanziali dubbi tutte le volte che esse vogliano supplire a una
        politica di giusta reciprocità fra cittadino e comunità. La dignità del lavoro,
        espressione di una sostanziale parità nella cittadinanza responsabile, potrà in tal modo
        accompagnarsi anche con una sostanziale parità di condizione fiscale e previdenziale
        senza distinzioni fra categorie: come senza distinzioni ci pare debba essere, in linea di
        tendenza, il diritto ad accedere a tutto il campo del lavoro, compreso quello delle libere
        professioni, attraverso meccanismi semplificati e trasparenti rispetto a prassi ancora
        piuttosto chiuse e per alcuni aspetti vetuste.
 Certo è comunque limpresa che, per la consistenza oggettiva della sua dimensione
        produttrice di ricchezza complessiva, resta il soggetto centrale per la elaborazione di
        una attiva politica del lavoro. Inestimabile valore di una economia dinamica e
        progrediente, limpresa deve essere, in questo senso, non solo protetta ma
        sostenuta e incentivata nel suo naturale impulso di sviluppo. Punto cardine di una tale
        politica ci sembra lo snellimento della burocrazia relativa alle autorizzazioni e ai
        controlli.
 Se questo è il lato normativo-burocratico della vita dimpresa, sul versante
        economico ve nè uno non meno pregnante: limpresa si sostiene e cresce con il
        duplice strumento dellautoinvestimento e del credito bancario, come è noto. Anche
        sulla politica creditizia finalizzata allo sviluppo dimpresa vi è un particolare
        elemento centrale nella cultura democratico-cristiana, che mentre non può, secondo noi,
        essere trascurato: è quello costituito dalla idea del risparmio collettivo (dei
        lavoratori ma anche degli utenti).
 Come è evidente dalle riflessioni che stiamo dipanando, non possiamo nascondere il nostro
        interesse privilegiato per la diffusione di politiche favorevoli ai modelli di partecipazione
        dei lavoratori nellimpresa, conformemente alla costante tradizione, ancora una
        volta, della Dottrina Sociale della Chiesa, ma anche a tantissime esperienze consolidate
        nei paesi più avanzati dEuropa, e al dettato dellarticolo 46 della nostra
        Costituzione.
 A tale riconoscimento del fattore lavoro fa riscontro il dovere ugualmente stringente
        del lavoratore, di adempiere con senso di responsabilità il proprio ruolo produttivo. Ed
        è evidente, in questo quadro, come anche lesperienza sindacale costituisca un
        valore imprescindibile delle politiche del lavoro, quando naturalmente si tratti di sindacalismo
        libero e pluralistico, come quello realizzatosi tipicamente nella esperienza della
        Cisl italiana e ormai caratteristico di tutto il nostro sindacalismo confederale.
 E questa dinamica che consente alla legge stessa di farsi carico con maggiore
        competenza di quella garanzia di reddito vitale di dignità per ogni cittadino e per
        ogni famiglia, che è da sempre nelle nostre aspirazioni. Non si tratta di una
        richiesta avulsa dalle condizioni concrete della ricchezza prodotta dal Paese: nessun
        paese può infatti distribuire più ricchezza di quella che produce. Si tratta invece di
        unazione costantemente attenta a calibrare il triplice contestuale strumento
        della politica occupazionale, della forbice massima fra redditi di lavoro, della
        partecipazione dei lavoratori nellimpresa.
 Vissuta con tale orizzonte, leconomia complessiva è veramente "amministrazione
        della casa comune" finalizzata al "bene comune": che del resto può
        assumere diversificate gerarchie in funzione della natura di ogni singolo bene e di ogni
        singola persona. Vi sono ad esempio dei beni la cui natura appare anche al buon senso
        come collettiva o pubblica e perciò dotata di una legittima aspettativa di fruizione
        sostanzialmente paritaria da parte dei cittadini: tali sono ad esempio lacqua,
        lambiente, la sicurezza. Tali beni sono essenziali e primari per la qualità della
        vita e per essi la presenza della mano pubblica, sia essa quella dello Stato o quella
        degli enti intermedi, non può non essere diversa da quella riservata a tutti gli altri
        beni, lasciati allautoregolazione semplice del mercato.
 Questa parola, chiara e ferma, ci è doverosa per il ristabilimento di una visione che è
        stata resa ambigua e infine controproducente da una tendenza superficiale di questi lunghi
        venti anni e oltre, favorevole a una semplicistica linea di privatizzazioni, condotta
        con indiscriminatezza pari a quella che a suo tempo aveva presieduto agli eccessi opposti
        delle statalizzazioni, o regionalizzazioni, o municipalizzazioni.
 Il concetto che dobbiamo piuttosto avere sempre presente è quello della distinzione
        chiara fra privatizzazione e liberalizzazione: quando si tratta di beni primari
        liberalizzare è tendenzialmente un bene, privatizzare è tendenzialmente un male. La
        liberalizzazione salvaguarda e stimola anche lintervento privato, la semplice
        privatizzazione può tendere a generare monopoli a fini di lucro, tanto più negativi
        quanto più riguardino beni appunto essenziali e primari per la dignità della persona.
 V - ISTITUZIONI: LO STATO SNELLO PER LA PARTECIPAZIONE SOCIALENelle polemiche interminabili che hanno accompagnato questo tipo di dibattiti
        sullassetto delleconomia nazionale negli anni a noi vicini, si è tornati
        anche a chiamare in causa, più latamente, una "pesantezza dello Stato"
        che non sarebbe in grado di gestire con efficacia altro ruolo che non sia quello di
        asettico controllore delle regole che pone, e in nulla o quasi nulla dovrebbe riguardarlo
        il merito della regolazione sociale.
 Storicamente cè stata, in effetti, in alcuni comparti del sistema economico
        italiano, una parte di pesantezza che non era ulteriormente tollerabile perché fonte di
        aggravio di costi e contemporaneamente di danno allefficienza.
 Oggi è però essenzialmente sul piano burocratico che il concetto di "Stato
        snello" compia passi coraggiosi. E infatti valutazione condivisa senza
        incertezze che il nostro apparato-Stato abbia raggiunto una dimensione elefantiaca fonte a
        un tempo di sprechi e di inefficienze in alcuni casi intollerabili.
 La ragione profonda che presiede a queste considerazioni è semplicemente, ancora una
        volta, quella che concepisce lo Stato come la organizzazione con la missione di servire
        la persona e la comunità ai fini della loro crescente autorealizzazione (art. 2 della
        Costituzione). Ed è questa chiave interpretativa che illumina anche le politiche
        relative alle articolazioni intermedie non territoriali attraverso le quali si svolge la
        vita sociale. Per questo che la Dc tutela la costituzione e la partecipazione dei
        cittadini a forme associative e imprenditive nel campo del lavoro come nei campi della
        cultura, dei servizi, delle iniziative di cittadinanza, delle tutele dei diritti, e così
        via: con lobiettivo di realizzare quel vivace reticolo di vita sociale che possa
        andare a coprire la più vasta area possibile della domanda di servizi avanzata dai
        cittadini in questi settori. È nella cultura personalistica e comunitaria, connaturata
        con la storia del nostro partito, lincoraggiamento attivo di quel "terzo
        settore", che può costituire la grande "infrastruttura sociale" nella
        quale possono trovare risposta meno burocratica e più densa di motivazioni e calore umano
        le domande e i bisogni meno considerati e protetti dalle istituzioni.
 Un approccio solidaristico che si esplicita anche in senso geopolitico, con lEuropa
        che resta un riferimento che ci aiuta a tenere largo ed aperto lorizzonte, ed anche
        un forte laboratorio di buone pratiche. UnEuropa che oggi pone la necessità di un
        ritorno allo spirito dei suoi padri fondatori, affinché sia di nuovo, innanzitutto, un
        ideale di fraternità con leconomia che segue: questo pensavano infatti De
        Gasperi, Adenauer, Schumann, Monnet, Spaak e gli altri fondatori.
 Un approccio globale e solidaristico lEuropa deve rivolgere anche verso il Mediterraneo.
        Il mare delle tre religioni monoteiste, civiltà antiche che, intersecandosi, e non
        ignorandosi, hanno dato al mondo gran parte della civiltà che oggi lo unisce. È presente
        in me la suggestione indimenticabile dei "Dialoghi dei Mediterraneo" nella
        Firenze, "nuova Gerusalemme", del Sindaco Santo, che chiamava il nostro mare
        Lago di Tiberiade.
 Questo approccio globale e solidaristico va perseguito e testimoniato, infine, per la
        ricerca della pace e dellunità di tutto il pianeta. Messaggio che da Isaia
        fino alla Pacem in Terris e alla Caritas in Veritate, il Popolo di Dio
        vive come il traguardo finale della settimana storica delluomo che segue la
        settimana biblica della Creazione.
 VI  PASSATO, PRESENTE, FUTURO: IL POPOLARISMO CHE VIVE.Le considerazioni svolte sollecitano la politica i partiti ad una tensione morale e
        culturale superiore a quella attuale, e che possa alimentare anche le loro modalità
        interne di organizzazione e di democrazia partecipativa.
 Anche il problema del finanziamento dei partiti si pone ormai con evidente urgenza morale.
        Nacque nel cuore degli anni 1970 con lobiettivo dichiarato di consentire ai partiti
        di "non essere costretti a farsi corrompere", come si disse allora.
        Lintenzione era buona ma lesito non fu felice ed è venuto peggiorando nel
        tempo.
 Non è forse saggio tornare al puro e semplice sistema di "nessun
        finanziamento"; lo dico chiaramente "non vogliamo i soldi dello Stato". Noi
        preferiamo un sistema che, escludendo qualsiasi esborso di denaro pubblico, assicuri una
        normativa semplice, trasparente e facilitata, attraverso la quale ogni cittadino possa
        liberamente partecipare al finanziamento del partito nel cui programma si riconosce. A tal
        riguardo mi sembra del tutto condivisibile la proposta di legge di iniziativa popolare
        promossa dal professor Pellegrino Capaldo.
 A fronte dei molti profeti che frettolosamente diagnosticano la fine del partito politico,
        a me sembra che esso rimanga lo strumento meno imperfetto, lìunico ancora in grado
        di consentire lesercizio della moderna democrazia rappresentativa.
 Non va confuso il partito ideologico che guidava le masse della società industriale, con
        le nuove forme partito capaci di interpretare e dare rappresentanza alla società
        post-moderna nel mondo delle tecnologie informatiche fattosi uno.
 Nessuno di noi pensa di rifare quella Democrazia Cristiana, quelle sezioni, quei comitati,
        quelle commissioni, quella pletora organizzativa.
 La prima delle nostre scommesse è costruire un partito nuovo adeguato alla
        società del ventunesimo secolo.
 Mi sembra che la evoluzione da mettere in campo abbia, tra le altre, le seguenti
        caratteristiche:
 .
 - a. Un forte snellimento statutario, che infonda trasparenza ed efficacia
        allesperienza associativa democratica dei soci, accorciando vertiginosamente la
        distanza tradizionale fra vertice e base.
 - b. Una quota maggiore di "democrazia diretta", nel senso di un
        incremento di peso decisionale degli iscritti, anche attraverso lutilizzo delle
        tecnologie telematiche nel determinare la scelta dei singoli dirigenti del partito a tutti
        i livelli.
 - c. Una mediazione ricca fra il valore fondante della sovranità associativa e la
        necessità di un coinvolgimento più pregnante dei mondi esterni che si riconoscono nella
        visione e negli ideali democratico-cristiani. Più peso agli iscritti e più peso ai
        simpatizzanti, insomma.
 d. Una grande rigorosità nellapplicazione della certezza giuridica interna,
        con una magistratura di garanzia a sua volta semplificata e velocizzata.
 - e. Unattività di formazione permanente per tutti i livelli del partito:
        siamo anzi, su questo tema, a buon punto nella formulazione preparatoria di ipotesi che
        tengono conto delle esperienze migliori maturate in questi venti anni nel mondo della
        formazione politica e sociale.
 - f. Infine, una diffusione capillare, sul territorio, di una rete di Circoli Culturali
        di Iniziativa Politica: non come luoghi di tessere da contare, ma come luoghi di
        aperta elaborazione, di formazione, di competenze e proposte e impegno sui problemi del
        territorio.
 - g. Riteniamo utile affiancare al partito una fondazione col compito di approfondita e
        elaborata ricerca sui temi programmatici e sulle strategie della missione del partito
 CONCLUSIONICari amici, questo è, oggi, il mio contributo che, attraverso il dibattito di questi due
        giorni e dei giorni che seguiranno, è aperto ad ogni positiva integrazione, correzione,
        arricchimento.
 Noi siamo qui con il proposito di realizzare insieme il passaggio da una storia antica
        ricca di successi ma anche dolorosamente responsabile di errori, verso un futuro che deve
        essere altrettanto ricco di successi e meno esposto agli errori. Mi permetto di
        aggiungere che rappresento una generazione il cui compito precipuo è, oggi, quello
        di fornire buon esempio e buoni consigli, trasmettere esperienza sana e forte, per far
        avanzare sul proscenio delle responsabilità sociali, compresa la guida del partito, le
        generazioni nuove.
 Non è questione di anagrafe: vecchi e giovani hanno dato in tempi e modi diversi esempi
        eroici ed esempi deleteri. E invece questione di anima e di effettiva pratica della
        democrazia interna. E questa che provvede allimmancabile ricambio fisiologico
        della classe dirigente. Una sola condizione occorre, che non sempre abbiamo onorato in
        passato: una democrazia interna che vorrei definire, fanciullescamente, semplice e
        rocciosa per la sua credibilità. Insieme allimpegno quotidiano della nostra
        formazione permanente.
 Nessuno deve mai violare la santità delle urne nelle quali i nostri iscritti sono
        chiamati a scegliere in coscienza le persone cui affidare la guida del cammino. Con
        semplicità e sapienza. Non abbiamo bisogno di altro. Forse, in questo momento, il Paese
        non ha bisogno di altro."
 |  |   
 |